Caffè Vivaldi una storia bella a New York

Caffè Vivaldi una storia bella a New York

Benvenuti in quello che è stato il Caffè Vivaldi, bellissima realtà newyorkese in stile un po’ all’ italiana e un po’ retrò che con le sue pareti rosso intenso, il suo camino, le numerose foto d’epoca, il bancone circolare attorno al quale era quasi impossibile non stringere nuove amicizie, i drink, il cibo, e la sua splendida musica suonata di fianco a un pianoforte a coda, era un vero e proprio covo di artisti e di avventori educati, sorridenti, gentili e attenti, che diventavano parte integrante dei tanti concerti – due set per giornata – che trasportavano dall’atmosfera pubblica di un bar, all’aria intima di un bellissimo salotto pieno di amici.

Questo era, e non è più, perché anche il Caffè Vivaldi è stato sopraffatto dai costi crescenti degli affitti, in una zona come il Village, ambita e costosa. E’ questa la triste realtà che affligge questa immensa città che non dorme mai, non si ferma mai, non si guarda indietro perché rincorre il tempo e il tempo, si sa, è denaro.

35 anni fa Ishrat Ansari decise di aprire questo luogo con il proposito di tenere unita la gente, e questo è stato, ed è stato anche di più, come si può leggere sul loro sito; è stato: “ Un luogo per il dialogo artistico e intellettuale” e credetemi, è esattamente ciò che ho respirato quando l’ho visitato la prima volta e tutti i giorni a seguire, e seppure io l’abbia conosciuto per caso, e solo nella sua ultima settimana di vita, ho potuto coglierne il senso, anche attraverso la gratitudine e le parole di affetto e saluto di tutti i musicisti che si sono esibiti per giorni come tributo a quel Caffè che ha fatto esibire alcuni di loro 30 anni fa per la prima volta.

Raccogliendo il proposito di suo padre Zehra Ansari ha gestito il Caffè Vivaldi negli ultimi anni fino ad oggi e con molta gentilezza e delicatezza, ci parla in questo video.


 

Ma in cosa era diverso e perché considero speciale questo bar? E’ molto semplice: non ho ancora trovato una realtà che gli assomigli per eleganza e accoglienza, per i volti della gente, rilassati e piacevoli, per la vasta offerta di generi musicali differenti, per il talento, per l’atteggiamento rilassato e per nulla competitivo tra gli artisti, per la comunicazione tra pubblico e artista, per il jazz suonato per essere qualcosa che unisce, che viene donato al pubblico e non qualcosa messo su di un piedistallo per essere osservato o venerato, per le risate allegre ad alto volume, per la cortesia dei bartender e per quello che uno degli artisti che si sono esibiti negli ultimi giorni ha detto: “ Quando sono in giro per questa città, quando sono nei treni, guardo la gente e nessuno sorride e neanche io lo faccio, poi entro nel Caffè Vivaldi e tutti sorridono e sono felice”. Caffè Vivaldi era come non essere a New York, o meglio, Caffè Vivaldi era un pezzo della migliore New York.

Sono felice di essere stata parte di questa realtà anche se solo per un respiro così breve e ho sentito sinceramente di doverne parlare.

Quello che rimane è un cartellino giallo che veniva distribuito tra gli ospiti con il testo di una canzone che si cantava tutti insieme per volere del suo autore, un cantautore con la sua chitarra.

Nel video che segue ascoltate Pass it On di Michael Lydon


 

Vorrei tornare in 32 JONES STREET e ritrovare le luci accese, la porta aperta e prendere un calice di vino. Di più ancora, vorrei sapere che tra qualche tempo riapriranno i battenti da qualche altra parte, ma anche se sul sito potrete leggere “ Questo non è un addio per sempre” è stato detto ben chiaro che non ci sarà una riapertura.

Non mi resta dunque che alzare il calice un ultima volta in suo onore, mentre concludo allegando qui sotto alcuni video e facendo parlare la musica affinché la memoria di questo meraviglioso luogo sia lunga.

Addio, Caffè Vivaldi.

http://caffevivaldi.com

Nei video che seguono ascoltate Denise Reis e Bert Lee.


 

 

 

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